Oggi
parliamo delle Terre della frontiera orientale italiana: la Venezia
Giulia con Gorizia, Trieste, l’Istria e Pola; Fiume ed il suo
territorio; la Dalmazia, con le Isole, Zara, Spalato, Ragusa,
Sebenico, Traù e le città minori.
Ma
distogliamo per breve tempo lo sguardo dalle nostre Terre, dove la
pulizia etnica iniziata nel 1943 fece varie migliaia di morti fra
italiani, ed esaminiamo a più ampio raggio quale fu il comportamento
della potenza sovietica nell’intera Europa, ancor prima dello
scoppio della seconda guerra mondiale.
A tale
proposito vi leggo testualmente uno scritto del Professor Arnaldo
Mauri, professore emerito e già decano della Facoltà di Economia
dell’Università Statale di Milano(1)
Innanzitutto
sottolineo che gli eccidi a cui faccio riferimento non riferiscono al
1945, anno in cui sarebbero stati “giustificati” dall’università
dell’URSS da parte dei nazisti e dai milioni di morti che ne sono
seguiti, nel corso della guerra.
Mi
riferiscono invece al periodo 1939-1940 per spiegare che si tratta di
stragi compiute a freddo in base ad un disegno politico criminale ma
chiaro: la snazionalizzazione di territori occupati e l’eliminazione
in anticipo di potenziali avversari o resistenti. Specifico che non
si è neppure trattato di rappresaglie come alle Fosse Ardeatine o a
Marzabotto perché allora non era ancora iniziata nessuna forma di
resistenza contro gli occupanti sovietici.
Questi
fatti seguono il Patto di Mosca (tra Stalin e Hitler per la
spartizione dell’Europa centro-orientale) del 1939, che precede di
alcuni giorni l’invasione della Polonia prima da ovest da parte
della Germania poi da est dall’URSS.
In
seguito l’URSS invase anche Lituania, Estonia e Lettonia, poi
Finlandia che si oppose con coraggio all’invasione sovietica e
infine alla Romania che accettò invece l’ultimatum sovietico e
cedette all’URSS circa il 20% del territorio nazionale (la Bucovina
Settentrionale, la Bessarabia e il terrtorio di Hertza, già in parte
della Romania ante prima guerra mondiale). Da notare che la Romania,
paese filo-occidentale, aveva i confini garantiti da Francia e
Inghilterra e quindi l’invasione avvenne dopo il crollo della
Francia.
Sono
totalmente fuori da questo discorso invece Austria, Ungheria,
Ceco-Slovacchia, Bulgaria e resto della Romania che furono occupate
dall’Armata rossa nel 1945, e quindi le stragi avvennero in epoca
successiva.
In
tutti i territori occupati ed annessi dall’URSS dal 1939 in poi, ma
prima dell’invasione nazista dell’URSS e quindi in pieno accordo
con gli amici nazisti (ci sono foto e filmati che testimoniano
l’incntro e il tripudio di ufficiali sovietici e nazisti che
brindano alla vittoria contro la Polonia; Parata militare congiunta
di Brest Litovsk, 1939), vennero nel giro di qualche settimana o di
qualche mese arrestate centinaia di migliaia dio persone considerate
potenziali nemici dell’URSS. Si trattava di militari (soprattutto
ufficiali), pubblici dipendenti, insegnanti, intellettuali,
professionisti, sacerdoti, proprietari fondiari, imprenditori,
impiegati bancari.
Destinazione
degli arrestati erano i gulag siberiani da cui molti non sarebbero
mai tornati.
In
verità per una parte degli arrestati il viaggio fu molto breve.
Vennero subito abbattuti a migliaia con il classico colpo alla nuca.
In seguito, dopo l’avanzata tedesca, vennero trovate fosse comuni
un po’ dappertutto. Sono note (ma sono solo uno dei ritrovamenti)
le fosse di Katyn dove vennero trucidati a freddo migliaia di
militari polacchi che si erano consegnati ai sovietici per sfuggire
alla cattura da parte dei tedeschi.
Anche
a migliaia di romeni, che pur avevano accettato senza resistenza
l’occupazione sovietica finirono nelle fosse comuni colpevoli solo
di figurare nelle liste delle persone potenzialmente anti-sovietiche.
In Romania è ricordata con dolore la strage di Fantana Alba (Fontana
Bianca) in Bucovina. Numerose famiglie di contadini con donne e
bambini in fuga con le masserizie e le icone verso il nuovo confine
vennero intercettati dai sovietici e massacrate senza pietà. I
feriti, anche i bambini, vennero finiti a colpi di baionetta.
Tutte
queste notizie sono reperibili su internet anche in lingua italiana
(Wikipedia).
La
Parata sovietico-nazista di Brest Litovsk è reperibile nella
versione polacca.
Terminata
questa lettura, vi rammento, la creazione degli stati-satelliti
dell’URSS, dopo il 1945, ciascuno retto da governi eletti con
elezioni non democratiche, in Bulgaria, Romania, Germania dell’Est,
Polonia, Albania. Vi rammento in particolare l’Ungheria, cui sono
legato da particolari ricordi, con la sua rivoluzione del 1956,
stroncata nel sangue dalle truppe sovietiche. Vi rammento la
Ceco-Slovacchia, con la sollevazione del 1971, Jan Palak che si
brucia in piazza, la repressione nel sangue operata dalle truppe
sovietiche. Vi rammento la stessa Jugoslavia, che venne espulsa dal
Cominform nel 1948, perché si discostava dalle direttive dell’URSS,
l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.
Passiamo
ora a parlare, io e gli altri esuli presenti, dell’esodo
giuliano-dalmata, dalle nostre Terre, sciaguratamente cedute alla
Jugoslavia dalle potenze Alleate.
Quale
testimone dell’esodo, preciso che sono nato a Pola nella notte del
5 ottobre 1943, la stessa notte in cui Norma Cossetto, Medaglia d’Oro
al Valor Civile alla Memoria, finiva la sua vita, dopo orrende
sevizie, gettata dai partigiani nella foiba di Villa Surani in
Istria.
Sono
partito con i miei genitori il 2 febbraio 1947, quindi all’età di
tre anni e mezzo ed i miei ricordi diretti sono l’Arena di Pola,
una spiaggia presso la tragica Vergallona ed i terribili fischi di
addio alla città della sirena della piccola nave “Pola”.
Perché
partì la stragrande maggioranza della popolazione di Pola?
Sostanzialmente per la paura generata dalle notizie di sparizioni
di persone e dai successivi ritrovamenti di cadaveri nelle profondità
delle foibe, di alcuni pozzi di miniera e di cave di bauxite, che si
erano avuti nel 1943 e nuovamente ed in maggior misura nel 1945-1946;
inoltre e soprattutto, per la certezza di un’invasione di popoli
stranieri e del dominio di un regime che negava i diritti elementari
dei cittadini, la libertà di pensiero, la proprietà privata, la
religione, qualunque essa fosse.
Vi
fu un evento che, nel caso di Pola, convinse la popolazione che
avrebbe dovuto partire in massa, nel caso dell’assegnazione della
città alla Jugoslavia, caso che era ancora in dubbio nella prima
metà del 1946.
Vergarolla
è una località che si affaccia all’interno del vasto porto di
Pola.
A
guerra finita, il 18 agosto 1946, un emissario della polizia segreta
jugoslava del maresciallo Tito, l’ OZNA, provocò l’esplosione di
29 mine marine, contenenti circa 9 tonnellate di tritolo, che erano
state tirate in secca e disattivate da artificieri inglesi delle
truppe di occupazione. L’esplosione fu provocata al culmine di una
manifestazione sportiva e di italianità , organizzata dalla Società
Nautica Pietas Julia, mentre sulla spiaggia si trovavano centinaia di
polesani, tra i quali moltissimi giovani e bambini. Si contarono 109
bare ed una cassa di resti, mentre le vittime identificate con nome
e cognome furono 64 o 67, secondo le fonti.
Dopo
le vicissitudini di viaggi verso l’ignoto e di alloggi di fortuna
(noi tre riuscimmo ad evitare la permanenza nei campi profughi) ho
avuto sulla mia pelle e davanti ai miei occhi, per tutta la vita, gli
effetti dell’esodo, che ci privò di ogni avere e sconvolse la vita
dei miei genitori e familiari per lunghi anni, fino a quando tutti
riuscirono a ricostruirsi una vita, quelli che sopravvissero. E poi?
E ora? Vi ricordo che noi esuli ancora attendiamo, dopo 64 anni, il
risarcimento di tutti i nostri beni immobili, abbandonati alla
partenza per l’esilio, e che tuttora in qualsiasi ufficio pubblico
possiamo trovarci davanti ad un computer non aggiornato secondo
legge, che rifiuta i nostri documenti per pratiche importantissime
oppure banali ma senza fine, portano la colpa tutti gli innumerevoli
governi che si sono avvicendati dal 1947 ad oggi.
Alcuni
documenti personali:
Documento
n. 1: è
la “Dichiarazione di volontà di esodo in Italia” compilato a
Pola, l’11 luglio 1946 con il nome di mia madre per lei e per i
famigliari, dalla Camera Confederale del Lavoro. Si dichiara “…la
volontà di esodo in Italia, nel deprecato caso che la città venga
ingiustamente assegnata alla Jugoslavia”. Osserviamo la data, è
importante: mancano ancora 38 giorni alla strage di Vergarolla, ma
già almeno 5476 famiglie (è il numero del documento) hanno già
deciso. Nel corso del 1946 il Governo Italiano a Alcide De Gasperi
stesso insistessero con le autorità e la popolazione di Pola
affinché non partissero, senza che vi fosse la percezione di cosa
comportava tale assurda richiesta e di quali maggiori sofferenze
avrebbe comportato il lunghissimo ritardo nell’organizzazione
dell’esodo.
Documento
n. 2 : è
il “Certificato di Profugo” rilasciato a Pola il 03 gennaio 1947,
cioè 30 giorni prima della partenza, a nome di mio padre, mia madre
e mio; il mio nome Tito, in quei giorni e per molti anni ancora
impronunciabile come una bestemmia, viene storpiato, dall’impiegato,
in Vito. L’ente amittente è, paradossalmente, il C.L.N., che si è
trasformato tristemente nel Comitato per l’esodo, nel Comitato per
la auto-distruzione della città.
E’
un bel tragico destino che chi intendeva liberare le nostre Terre dal
nazi-fascismo debba collaborare per fuga dei cittadini dalle mani
dell’alleato, che ha preso il sopravvento e si dimostra un nemico
peggiore di quello appena sconfitto.
Documento
n. 3: è
la “Qualifica del profugo”, documento molto importante dal punto
di vista ufficiale, perché determina una “qualifica”, con
vantaggi e svantaggi. Vi è chi la rifiuta, ritenendola un “marchio
d’infamia”. Questo esemplare, intestato a mio padre, viene emesso
dalla Prefettura di Milano in data 08 gennaio 1949, essendoci
stabiliti a Milano sin dal settembre 1947.
Documento
n.4:è un
altro documento fondamentale, la “Opzione per la cittadinanza
italiana” espressa “solennemente” da mio padre per se stesso e
per me; un documento analogo esiste per mia madre. Secondo i termini
del Trattato di Pace firmato dall’Italia il 10 febbraio 1947, i
cittadini dei “territori ceduti” hanno il diritto di esprimere la
loro scelta, la loro “opzione” per la cittadinanza italiana
oppure quella jugoslava ed il Governo Jugoslavo ha il potere di
accettare tale scelta oppure rifiutarla, in determinati casi. Il
documento viene presentato al Consolato Generale della Jugoslavia a
Milano, il 24 giugno 1948.
Documento
n. 5: è
l’accoglimento della “opzione” da parte del Governo Jugoslavo
datato 07 agosto 1953, cioè ben 5 anni dopo “opzione” stessa. La
comunicazione, trasmessa dal Comune di Milano, è datata 26 ottobre
1953.
Documento
n.6 :
mostra alcuni dati sull’esodo giuliano-dalmata dopo la seconda
guerra mondiale:partono fra l’80 ed il 94% degli abitanti;
rimangono le persone che hanno una convinzione ideologica favorevole
al regime comunista jugoslavo, le persone trattenute perché ritenute
indispensabili al funzionamento di servizi essenziali, i prigionieri,
i vecchi senza famiglia, gli ammalati senza famiglia, alcuni
contadini che non ritengono giusto di abbandonare il bestiame e la
terra.
Documento
n.7 : è
il “Manifesto dei partigiani italiani di Pola”, documento di
altissima drammaticità pubblicato nel 1947: è il saluto disperato
dei partigiani di sentimenti italiani, in partenza come esuli ed
insieme con tutti gli altri esuli, ai loro compagni di lotta di
sentimenti slavi o “internazionalisti”, che rimangono sul
territorio il quale, appena liberato dal giogo tedesco-nazista, è
passato immediatamente al giogo jugoslavo-comunista.
In
questo documento i partigiani italiani ricordano le tragedie di una
lotta sanguinosa condotta insieme, la speranza di aver ottenuto una
liberazione, la disillusione più profonda per l’avvenuto
tradimento degli ideali di libertà e di democrazia per i quali
avevano combattuto insieme con i partigiani jugoslavi.
Documento
n.8: è
un altro documento pubblicato nel 1947. La pagina intitolata “Maria
Pasquinelli” ricorda l’assassinio del Generale di Brigata Robert
(Robin) de Winton, alla cui memoria tutti noi esuli ci inchiniamo,
avvenuto a Pola il 10 febbraio 1947, giorno della firma del
cosiddetto Trattato di Pace di Parigi, per mano dell’insegnate
bergamasca Mariua Pasquinelli. Ella intende, con il suo atto
esecrato, richiamare l’attenzione del mondo sull’ingiustizia che
le grandi potenze vincitrici compiono nell’assegnare alla
Jugoslavia città e territori che sono italici dagli albori della
storia e poi italiani di lingua, cultura e tradizioni. Maria
Pasquinelli lascia uno scritto in cui spiega il suo gesto, ritenendo
di rimanere uccisa nel corso dell’attentato e di dannare la propria
anima come omicida e come suicida. Invece la scorta del Generale de
Winton, che è disarmata, può non ucciderla ma arrestarla; viene
processata e condannata a morte, con pena che verrà successivamente
commutata in carcere a vita; dopo 18 anni di carcere, la Regina
Elisabetta II di Inghilterra, che noi esuli ringraziamo, consentirà
che possa tornare in libertà; passerà lunghi anni in convento. Oggi
5 maggio 2011 Maria continua a scontare la sua pena, in vita, in una
casa per infermi a Bergamo.
Documento
n. 9 :”
POLA, ADDIO”- il cartello che comparve a Pola nei giorni
dell’esodo