lunedì 29 dicembre 2014

CONFINE ORIENTALE E PULIZIA ETNICA





Oggi parliamo delle Terre della frontiera orientale italiana: la Venezia Giulia con Gorizia, Trieste, l’Istria e Pola; Fiume ed il suo territorio; la Dalmazia, con le Isole, Zara, Spalato, Ragusa, Sebenico, Traù e le città minori.

Ma distogliamo per breve tempo lo sguardo dalle nostre Terre, dove la pulizia etnica iniziata nel 1943 fece varie migliaia di morti fra italiani, ed esaminiamo a più ampio raggio quale fu il comportamento della potenza sovietica nell’intera Europa, ancor prima dello scoppio della seconda guerra mondiale.

A tale proposito vi leggo testualmente uno scritto del Professor Arnaldo Mauri, professore emerito e già decano della Facoltà di Economia dell’Università Statale di Milano(1)

Innanzitutto sottolineo che gli eccidi a cui faccio riferimento non riferiscono al 1945, anno in cui sarebbero stati “giustificati” dall’università dell’URSS da parte dei nazisti e dai milioni di morti che ne sono seguiti, nel corso della guerra.
Mi riferiscono invece al periodo 1939-1940 per spiegare che si tratta di stragi compiute a freddo in base ad un disegno politico criminale ma chiaro: la snazionalizzazione di territori occupati e l’eliminazione in anticipo di potenziali avversari o resistenti. Specifico che non si è neppure trattato di rappresaglie come alle Fosse Ardeatine o a Marzabotto perché allora non era ancora iniziata nessuna forma di resistenza contro gli occupanti sovietici.
Questi fatti seguono il Patto di Mosca (tra Stalin e Hitler per la spartizione dell’Europa centro-orientale) del 1939, che precede di alcuni giorni l’invasione della Polonia prima da ovest da parte della Germania poi da est dall’URSS.
In seguito l’URSS invase anche Lituania, Estonia e Lettonia, poi Finlandia che si oppose con coraggio all’invasione sovietica e infine alla Romania che accettò invece l’ultimatum sovietico e cedette all’URSS circa il 20% del territorio nazionale (la Bucovina Settentrionale, la Bessarabia e il terrtorio di Hertza, già in parte della Romania ante prima guerra mondiale). Da notare che la Romania, paese filo-occidentale, aveva i confini garantiti da Francia e Inghilterra e quindi l’invasione avvenne dopo il crollo della Francia.
Sono totalmente fuori da questo discorso invece Austria, Ungheria, Ceco-Slovacchia, Bulgaria e resto della Romania che furono occupate dall’Armata rossa nel 1945, e quindi le stragi avvennero in epoca successiva.
In tutti i territori occupati ed annessi dall’URSS dal 1939 in poi, ma prima dell’invasione nazista dell’URSS e quindi in pieno accordo con gli amici nazisti (ci sono foto e filmati che testimoniano l’incntro e il tripudio di ufficiali sovietici e nazisti che brindano alla vittoria contro la Polonia; Parata militare congiunta di Brest Litovsk, 1939), vennero nel giro di qualche settimana o di qualche mese arrestate centinaia di migliaia dio persone considerate potenziali nemici dell’URSS. Si trattava di militari (soprattutto ufficiali), pubblici dipendenti, insegnanti, intellettuali, professionisti, sacerdoti, proprietari fondiari, imprenditori, impiegati bancari.
Destinazione degli arrestati erano i gulag siberiani da cui molti non sarebbero mai tornati.
In verità per una parte degli arrestati il viaggio fu molto breve. Vennero subito abbattuti a migliaia con il classico colpo alla nuca. In seguito, dopo l’avanzata tedesca, vennero trovate fosse comuni un po’ dappertutto. Sono note (ma sono solo uno dei ritrovamenti) le fosse di Katyn dove vennero trucidati a freddo migliaia di militari polacchi che si erano consegnati ai sovietici per sfuggire alla cattura da parte dei tedeschi.
Anche a migliaia di romeni, che pur avevano accettato senza resistenza l’occupazione sovietica finirono nelle fosse comuni colpevoli solo di figurare nelle liste delle persone potenzialmente anti-sovietiche. In Romania è ricordata con dolore la strage di Fantana Alba (Fontana Bianca) in Bucovina. Numerose famiglie di contadini con donne e bambini in fuga con le masserizie e le icone verso il nuovo confine vennero intercettati dai sovietici e massacrate senza pietà. I feriti, anche i bambini, vennero finiti a colpi di baionetta.
Tutte queste notizie sono reperibili su internet anche in lingua italiana (Wikipedia).
La Parata sovietico-nazista di Brest Litovsk è reperibile nella versione polacca.

Terminata questa lettura, vi rammento, la creazione degli stati-satelliti dell’URSS, dopo il 1945, ciascuno retto da governi eletti con elezioni non democratiche, in Bulgaria, Romania, Germania dell’Est, Polonia, Albania. Vi rammento in particolare l’Ungheria, cui sono legato da particolari ricordi, con la sua rivoluzione del 1956, stroncata nel sangue dalle truppe sovietiche. Vi rammento la Ceco-Slovacchia, con la sollevazione del 1971, Jan Palak che si brucia in piazza, la repressione nel sangue operata dalle truppe sovietiche. Vi rammento la stessa Jugoslavia, che venne espulsa dal Cominform nel 1948, perché si discostava dalle direttive dell’URSS, l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.
Passiamo ora a parlare, io e gli altri esuli presenti, dell’esodo giuliano-dalmata, dalle nostre Terre, sciaguratamente cedute alla Jugoslavia dalle potenze Alleate.
Quale testimone dell’esodo, preciso che sono nato a Pola nella notte del 5 ottobre 1943, la stessa notte in cui Norma Cossetto, Medaglia d’Oro al Valor Civile alla Memoria, finiva la sua vita, dopo orrende sevizie, gettata dai partigiani nella foiba di Villa Surani in Istria.
Sono partito con i miei genitori il 2 febbraio 1947, quindi all’età di tre anni e mezzo ed i miei ricordi diretti sono l’Arena di Pola, una spiaggia presso la tragica Vergallona ed i terribili fischi di addio alla città della sirena della piccola nave “Pola”.
Perché partì la stragrande maggioranza della popolazione di Pola? Sostanzialmente per la paura generata dalle notizie di sparizioni di persone e dai successivi ritrovamenti di cadaveri nelle profondità delle foibe, di alcuni pozzi di miniera e di cave di bauxite, che si erano avuti nel 1943 e nuovamente ed in maggior misura nel 1945-1946; inoltre e soprattutto, per la certezza di un’invasione di popoli stranieri e del dominio di un regime che negava i diritti elementari dei cittadini, la libertà di pensiero, la proprietà privata, la religione, qualunque essa fosse.
Vi fu un evento che, nel caso di Pola, convinse la popolazione che avrebbe dovuto partire in massa, nel caso dell’assegnazione della città alla Jugoslavia, caso che era ancora in dubbio nella prima metà del 1946.
Vergarolla è una località che si affaccia all’interno del vasto porto di Pola.
A guerra finita, il 18 agosto 1946, un emissario della polizia segreta jugoslava del maresciallo Tito, l’ OZNA, provocò l’esplosione di 29 mine marine, contenenti circa 9 tonnellate di tritolo, che erano state tirate in secca e disattivate da artificieri inglesi delle truppe di occupazione. L’esplosione fu provocata al culmine di una manifestazione sportiva e di italianità , organizzata dalla Società Nautica Pietas Julia, mentre sulla spiaggia si trovavano centinaia di polesani, tra i quali moltissimi giovani e bambini. Si contarono 109 bare ed una cassa di resti, mentre le vittime identificate con nome e cognome furono 64 o 67, secondo le fonti.
Dopo le vicissitudini di viaggi verso l’ignoto e di alloggi di fortuna (noi tre riuscimmo ad evitare la permanenza nei campi profughi) ho avuto sulla mia pelle e davanti ai miei occhi, per tutta la vita, gli effetti dell’esodo, che ci privò di ogni avere e sconvolse la vita dei miei genitori e familiari per lunghi anni, fino a quando tutti riuscirono a ricostruirsi una vita, quelli che sopravvissero. E poi? E ora? Vi ricordo che noi esuli ancora attendiamo, dopo 64 anni, il risarcimento di tutti i nostri beni immobili, abbandonati alla partenza per l’esilio, e che tuttora in qualsiasi ufficio pubblico possiamo trovarci davanti ad un computer non aggiornato secondo legge, che rifiuta i nostri documenti per pratiche importantissime oppure banali ma senza fine, portano la colpa tutti gli innumerevoli governi che si sono avvicendati dal 1947 ad oggi.
Alcuni documenti personali:

Documento n. 1: è la “Dichiarazione di volontà di esodo in Italia” compilato a Pola, l’11 luglio 1946 con il nome di mia madre per lei e per i famigliari, dalla Camera Confederale del Lavoro. Si dichiara “…la volontà di esodo in Italia, nel deprecato caso che la città venga ingiustamente assegnata alla Jugoslavia”. Osserviamo la data, è importante: mancano ancora 38 giorni alla strage di Vergarolla, ma già almeno 5476 famiglie (è il numero del documento) hanno già deciso. Nel corso del 1946 il Governo Italiano a Alcide De Gasperi stesso insistessero con le autorità e la popolazione di Pola affinché non partissero, senza che vi fosse la percezione di cosa comportava tale assurda richiesta e di quali maggiori sofferenze avrebbe comportato il lunghissimo ritardo nell’organizzazione dell’esodo.

Documento n. 2 : è il “Certificato di Profugo” rilasciato a Pola il 03 gennaio 1947, cioè 30 giorni prima della partenza, a nome di mio padre, mia madre e mio; il mio nome Tito, in quei giorni e per molti anni ancora impronunciabile come una bestemmia, viene storpiato, dall’impiegato, in Vito. L’ente amittente è, paradossalmente, il C.L.N., che si è trasformato tristemente nel Comitato per l’esodo, nel Comitato per la auto-distruzione della città.
E’ un bel tragico destino che chi intendeva liberare le nostre Terre dal nazi-fascismo debba collaborare per fuga dei cittadini dalle mani dell’alleato, che ha preso il sopravvento e si dimostra un nemico peggiore di quello appena sconfitto.

Documento n. 3: è la “Qualifica del profugo”, documento molto importante dal punto di vista ufficiale, perché determina una “qualifica”, con vantaggi e svantaggi. Vi è chi la rifiuta, ritenendola un “marchio d’infamia”. Questo esemplare, intestato a mio padre, viene emesso dalla Prefettura di Milano in data 08 gennaio 1949, essendoci stabiliti a Milano sin dal settembre 1947.

Documento n.4:è un altro documento fondamentale, la “Opzione per la cittadinanza italiana” espressa “solennemente” da mio padre per se stesso e per me; un documento analogo esiste per mia madre. Secondo i termini del Trattato di Pace firmato dall’Italia il 10 febbraio 1947, i cittadini dei “territori ceduti” hanno il diritto di esprimere la loro scelta, la loro “opzione” per la cittadinanza italiana oppure quella jugoslava ed il Governo Jugoslavo ha il potere di accettare tale scelta oppure rifiutarla, in determinati casi. Il documento viene presentato al Consolato Generale della Jugoslavia a Milano, il 24 giugno 1948.

Documento n. 5: è l’accoglimento della “opzione” da parte del Governo Jugoslavo datato 07 agosto 1953, cioè ben 5 anni dopo “opzione” stessa. La comunicazione, trasmessa dal Comune di Milano, è datata 26 ottobre 1953.

Documento n.6 : mostra alcuni dati sull’esodo giuliano-dalmata dopo la seconda guerra mondiale:partono fra l’80 ed il 94% degli abitanti; rimangono le persone che hanno una convinzione ideologica favorevole al regime comunista jugoslavo, le persone trattenute perché ritenute indispensabili al funzionamento di servizi essenziali, i prigionieri, i vecchi senza famiglia, gli ammalati senza famiglia, alcuni contadini che non ritengono giusto di abbandonare il bestiame e la terra.

Documento n.7 : è il “Manifesto dei partigiani italiani di Pola”, documento di altissima drammaticità pubblicato nel 1947: è il saluto disperato dei partigiani di sentimenti italiani, in partenza come esuli ed insieme con tutti gli altri esuli, ai loro compagni di lotta di sentimenti slavi o “internazionalisti”, che rimangono sul territorio il quale, appena liberato dal giogo tedesco-nazista, è passato immediatamente al giogo jugoslavo-comunista.
In questo documento i partigiani italiani ricordano le tragedie di una lotta sanguinosa condotta insieme, la speranza di aver ottenuto una liberazione, la disillusione più profonda per l’avvenuto tradimento degli ideali di libertà e di democrazia per i quali avevano combattuto insieme con i partigiani jugoslavi.

Documento n.8: è un altro documento pubblicato nel 1947. La pagina intitolata “Maria Pasquinelli” ricorda l’assassinio del Generale di Brigata Robert (Robin) de Winton, alla cui memoria tutti noi esuli ci inchiniamo, avvenuto a Pola il 10 febbraio 1947, giorno della firma del cosiddetto Trattato di Pace di Parigi, per mano dell’insegnate bergamasca Mariua Pasquinelli. Ella intende, con il suo atto esecrato, richiamare l’attenzione del mondo sull’ingiustizia che le grandi potenze vincitrici compiono nell’assegnare alla Jugoslavia città e territori che sono italici dagli albori della storia e poi italiani di lingua, cultura e tradizioni. Maria Pasquinelli lascia uno scritto in cui spiega il suo gesto, ritenendo di rimanere uccisa nel corso dell’attentato e di dannare la propria anima come omicida e come suicida. Invece la scorta del Generale de Winton, che è disarmata, può non ucciderla ma arrestarla; viene processata e condannata a morte, con pena che verrà successivamente commutata in carcere a vita; dopo 18 anni di carcere, la Regina Elisabetta II di Inghilterra, che noi esuli ringraziamo, consentirà che possa tornare in libertà; passerà lunghi anni in convento. Oggi 5 maggio 2011 Maria continua a scontare la sua pena, in vita, in una casa per infermi a Bergamo.


Documento n. 9 :” POLA, ADDIO”- il cartello che comparve a Pola nei giorni dell’esodo

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