Il
20 maggio 1942, un bollettino straordinario del quartier generale
delle Forze Armate italiane comunica:”il 20 maggio alle 2,50’ di
Roma, al largo delle coste brasiliane, cento miglia a ponente
dell’isola di Fernando de Noronha, il sommergibile Barbarigo.
Al comando del capitano di corvetta Enzo Grossi. Passato inosservato
fra le cacciatorpediniere di scorta, ha lanciato una salva di siluri
contro una corazzata della classe Maryland,
armata di 8 cannoni da 406 mm. La nave da battaglia colpita da due
siluri, è affondata. La scorta non ha reagito”.
Ecco
il suo rapporto di missione :”Giorno 20 maggio 1942. Ore 02,45 in
latitudine 04° 19’ sud, longitudine 34° 32’ ovest, rotta 20°
vengo chiamato in plancia dall' ufficiale in 2 che
contemporaneamente mette barra a dritta, in moto il motore termico di
sinistra ed appronta al lancio due tubi di prora e due di poppa.
Trovandomi in camera di manovra, vado in plancia ed avvisto un grosso
cacciatorpediniere che defila di prora, la vedetta di sinistra
(sergente furiere Cammarata) mi avverte che una grossa sagoma si
profila alla mia sinistra. Una rapida occhiata mi rende edotto della
situazione: sono di fronte ad una nave da battaglia nord americana
(facilmente riconoscibile per gli alberi a castello) scortata da
cacciatorpediniere.
“Decido
di attaccarla di poppa poiché oltre al cacciatorpediniere già
citato, un altro cacciatorpediniere mi si avvicina a proravia della
corazzata. Do incarico ai guardiamarina Tendi e Del Santo di tener
d’occhio il primo cacciatorpediniere mentre l’ufficiale in 2da
sorveglia l’altro: le vedette mi assicurano la sorveglianza di
tutti gli altri settori. Ad una accostata a sinistra del secondo
cacciatorpediniere mi vengo a trovare dentro la scorta. Fermo il
motore termico di dritta e, con quello di sinistra adagio, continuo
l’accostata a dritta. L’ufficiale in seconda mi sollecita il
lancio poiché il secondo cacciatorpediniere riaccosta a dritta e a
1000 metri, ha beta zero; non ci ha ancora visti grazie al mare forza
tre alla bassa andatura del sommergibile. Prossimo al lancio, che non
può fallire data la distanza (circa 650 mt.) del bersaglio, decido
di portare al termine l’attacco anche con rischio di speronamento.
Il bersaglio impone che si debba arrischiare tutto.
Ore
02,50. Ordino il “fuori” ai siluri 5 e 6; il numero 5 regolato a
4 mt. di profondità e 8000 di corsa è munito di cappuccio, il
numero 6 a 2 mt., corsa 2000 metri, è un A 115. Appena lanciato,
motore termico avanti adagio, continuo ad accostare sulla dritta sino
al rombo 10° corrispondente all’unico settore in cui ho qualche
probabilità di disimpegno in superficie. Scarto il disimpegno in
immersione poiché la sottobatteria di prora è del tutto
inefficiente e quella di poppa può darmi solo 4000 ampères.
“Tutte
le armi da fuoco sono pronte all’uso per un’estrema resistenza.
Dopo 35 secondi due contemporanee esplosioni mi confermano di aver
colpito il bersaglio con entrambi i siluri lanciati. Mentre del
siluro 5 si sente solo lo scoppio, del 6 l’ufficiale in seconda,
passato alla sorveglianza di poppa, vede la fiammata sott’acqua.
Vengo avvertito da guardiamarina Tendi, che ha nel campo del binocolo
la corazzata, che questa affonda; io pure avevo già avuto netta la
sensazione dell’affondamento. Vedo i cacciatorpediniere accorrere
veloci verso la nave colpita. Da circa 800 metri di distanza vedo il
colosso con prora completamente immersa fino alla plancia, fortemente
appruato e sbandato sulla dritta.
“02,57.
Approdo tubi 7 e 8 da lanciare contro eventuale cacciatorpediniere
inseguitore; la scorta con mia somma meraviglia, non reagisce.
Gradatamente aumento l’andatura fino a giri 380.
La
corazzata, che ho potuto facilmente riconoscere del tipo
Maryland-California,
naviga
con rotta 200°, velocità nodi 15”.
A
supporto dell’avvenuto attacco di Grossi alla corazzata giocano
anche due testimonianze; la prima è il tenente di vascello Tei,
comandante del sommergibile Bagnolini
che,
giunto in zona la sera del 20 maggio, riferisce di aver trovato unità
nemiche che gli hanno dato la caccia, il che conferma la presenza in
quel tratto di mare di navi Alleate. La seconda testimonianza è resa
da tenente di vascello Gianfranco Gazzana Priaroggia, il quale,
giunto in zona all’alba del 23 maggio con il sommergibile Leonardo
da Vinci, silura
un incrociatore di 9.100 tonn. Intento alla ricerca e al recupero di
naufraghi, sego tangibile e ulteriore prova che in zona si è
verificato il siluramento di una nave.
L’episodio
dell’affondamento della corazzata americana è di tale portata, che
il comandante Grossi ottiene in breve tempo riconoscimenti,
promozioni e ricompense. Il re Vittorio Emanuele III, motu
prprio,
promuove Grossi da capitano di corvetta a capitano di fregata, Adolf
Hitler gli conferisce due croci di ferro. Una di prima e una di
seconda classe e il capitano di vascello Polacchini, comandante della
base atlantica di Betasom, lo propone per la medaglia d’oro, che in
seguito gli verrà concessa. E il Duce esprime il vivo desiderio di
conoscerlo per congratularsi personalmente.
Neppure
5 mesi dopo, e precisamente il 6 ottobre, un altro bollettino
straordinario del quartier generale delle Forza armate comunica:”
Questa notte alle 2,45 ora italiana, in latitudine 2°15’ nord e
longitudine 14°15’ ovest, al largo di Freetown, il sommergibile
Barbarigo,
al comando del capitano di fregata Enzo Grossi, ha attaccato una
corazzata americana classe Mississipi,
che navigava rotta 150° alla velocità di 13 nodi. La corazzata,
colpita da quatto siluri, è stata vista affondare.
E
questo è il rapporto di missione, che riproduciamo integralmente,
stilato dal comandante Enzo Grossi dopo l’attacco alla corazzata
classe Mississipi:
“02,20. l’ufficiale di guardia, sottotenente di vascello Sergio
Bresina, mette subito le macchine avanti adagio e nello stesso tempo
mi chiama in plancia. Giunto in plancia riconosco la sagoma di una
grossa unità di guerra. Metto, girandomi su me stesso, con la sola
macchina esterna in moto avanti adagio, la poppa addosso perché il
suo beta molto stretto (5° dritta) non mi dà la possibilità per
l’attacco di prua. Appronto i quattro tubi di poppa e cerco di
studiarne nel frattempo le caratteristiche e gli elementi cinematici
necessari al lancio.
“02,25.
L’unità ha accostato mostrandomi un beta di 70° sulla dritta.
Adesso che si profila di traverso vedo il gran complesso centrale
della plancia con un solo fumaiolo a poppavia di quella, la prua da
veliero e tutte le altre caratteristiche corrispondenti alle navi da
battaglia tipo Mississipi.
“02,28.
Senza porre tempo in mezzo e per non allontanarmi di più riaccosto
subito per lanciare di prora senza preoccuparmi di eventuale scorta.
Ho già fatto approntare tutti i tubi di prora a 6 metri. Valuto la
velocità del nemico intorno a 13 nodi con beta di circa 70° a
dritta.
“02,32.
Ormai giunto a distanza di circa 2.000 metri, per non essere scoperto
data la eccezionale fosforescenza, metto pari avanti minimo e lancio
i quattro siluri a una distanza di due secondi uno dall’altro.
“02,33.
Accosto verso la poppa del bersaglio per lanciare eventualmente di
poppa e nello stesso tempo essere in grado di disimpegnarmi in
superficie.
“02,33
e mezzo. Dopo un minuto e mezzo circa vengono da tutti udite quattro
grandi esplosioni intervallate dello stesso lasso di tempo del
lancio.
“02,35.
A una distanza di circa 2.000 metri avvisto a poppavia della nave da
battaglia una sagoma sottile: la riconosco per un cacciatorpediniere
con un beta molto stretto sulla dritta. Scarto senz’altro la
possibilità di un disimpegno in immersione, sia per le perdite
interne causate dalle forti esplosioni delle bombe lanciatemi durante
i due attacchi aerei del primo ottobre, sia per allontanarmi il più
possibile da una zona, vicina alle coste, dove sicuramente si
riverserà una intensa caccia. Continuo perciò l’accostata per
mettermi di poppa il cacciatorpediniere e mantengo sempre al minimo
l’andatura delle macchine per non farmi tradire dalla grande
fosforescenza della mia scia.
“02,38.
La nave da battaglia è scomparsa del tutto sott' acqua. Il
cacciatorpediniere, forse credendomi in immersione, lancia bombe di
profondità e nel frattempo accosta sul luogo dell’avvenuto
affondamento. Riaccosto per 90°.
“02,43.
Avvisto un altro cacciatorpediniere con beta di circa 10° sulla
sinistra. Per non essere scoperto, riaccosto e, con prora 250°, mi
allontano.
“06,00.
Comunico subito a codesto Comando Superiore il risultato ottenuto,
più che altro per prevenire la caccia che sicuramente si riserverà
in quella zona e nelle sue adiacenze. Decido di allontanarmi sempre
per ponente in attesa di ordini”.
Rientrato
il Barbarigo,
alla base di Bordeaux, per Grossi ricominciano i festeggiamenti e il
comandante del glorioso sommergibile si guadagna così la promozione
a capitano di vascello. Viene di nuovo convocato a Roma e ricevuto
con tutti gli onori da Mussolini a Palazzo Venezia. E l’ammiraglio
tedesco Doniz in persona lo decorrerà con le insegne di Cavaliere
della Croce di Ferro.
Ma
nel giro di pochi mesi, però la situazione precipita: prima il 25
luglio, poi l’( settembre scavano un profondo solco nelle Forze
Armate italiane. Mentre la flotta italiana, secondo le clausole
previste dall’armistizio, si consegna agli Alleati a Malta, il
comandante Grossi e un consistente gruppo di ufficiali e marinai
riprendono il loro posto di combattimento sotto le insegne della
Repubblica Sociale Italiana. Poi dopo il tragico epilogo dell’aprile
1945, l’inizio, anche per Enzo Grossi, delle persecuzioni subite
dai vinti.
Nel
1953, l’allora ministro della Difesa Pacciardi risponde con le
seguenti parole all’interrogazione di un senatore sul “caso”
Grossi. “Le due azioni relative ai pretesi affondamenti delle
corazzate Maryland
e Mississipi sollevarono
molti dubbi negli stessi superiori comandi della Marina Italiana”,
e contemporaneamente affida l’inchiesta sul Barbarigo
ad un’apposita commissione composta da quattordici ammiragli, molti
dei quali erano già stati accusati di connivenza col nemico da
Antonino Trizzino nel suo libro Navi
e Poltrone.
I
componenti della commissione non lasciano nulla di intentato per
dimostrare che Grossi non ha mai affondato – e neanche attaccato –
le due corazzate nemiche e inviano all’ US Navy Department e all’
Ammiragliato britannico una dettagliata richiesta di informazioni
relative agli affondamenti denunciati dal comandante Grossi. L’U.S.
Department risponde prontamente:”Nessuna unità navale o mercantile
alleata o unità navale degli Stati Uniti è stata attaccata, colpita
o affondata nei giorni e posizioni citati. Una cisterna mercantile
non identificata e una nave mercantile non identificata si trovavano
rispettivamente il 20 maggio e il 6 di ottobre 1942 nelle zone
citate, ma nessuna di queste fu attaccata. Non vi furono convogli
nelle posizioni e nei giorni citati”.
Dal
canto suo l’ammiraglio britannico rende noto che:” Non vi è
alcun dato ufficiale di attacco a qualsiasi nave di Sua Maestà
britannica nell’ Atlantico
Le
dichiarazioni fornite dall’Ammiraglio britannico e dall’ U.S.
Navy Department, apparentemente, non lasciano adito a dubbi, ma
occorre tener presente, però, un piccolo ma significativo e
importante particolare. Nelle relazioni inviate alla commissione
d’inchiesta della marina italiana dai due organismi Alleati si
citano, infatti, giorni e ore, fingendo che il calendario italiano
sia valido in tutto il globo. Non tenendo conto del fatto che mentre
in Italia batte il mezzogiorno, a Londra sono le undici e a Chicago
le cinque del mattino. Anzi, in quel tempo, per l’ora estiva, in
Italia gli orologi segnavano un’ora in più: quindi, quando a
Fernando de Noronha – isola brasiliana al largo della quale avvenne
l’attacco di Grossi alla corazzata – erano le 21,50’ del 19
maggio 1942, a Roma gli orologi segnavano le 2,50’ del 20 maggio; e
quando il Freetown (Sierra Leone) – al largo di tale località
avvenne il successivo e contestato attacco del Barbarigo
a una corazzata americana – erano le 23,54’ del 5 ottobre 1942, a
Roma erano le 2,54’ del 6 ottobre. La commissione italiana avrebbe
dovuto, quindi, chiedere informazioni relative, rispettivamente, al
19 maggio e al 5 ottobre 1942, poiché se gli orologi delle due navi
da guerra americane non erano stati regolati sull’ora locale,
continuavano a segnare l’ora di Washington, e cioè le 19,50 del 19
maggio, e le 19,34 del 5 ottobre. Equivoco sulle date, dunque, o
voluta malafede???
La
commissione speciale d’inchiesta istituita dalla Marina Militare
italiana nel 1949 per far luce sulle azioni del Barbarigo,
sulla base della documentazione pervenuta dalla Marina USA e
dall’Ammiraglio britannico, esclude categoricamente che il
comandante Grossi avesse anche solo attaccato nell’azione del 20
maggio 1942 navi da guerra di qualsiasi tipo appartenenti alle marine
statunitense, inglese o di altre nazioni alleate. E Grossi, già
radiato da ranghi della Marina per aver aderito alla RSI, viene
privato anche delle medaglie ricevute per gli affondamenti delle due
corazzate.
Nell’autunno
1962, però, nuovi documenti pervenuti alla Marina Militare italiana
dagli Stati Uniti, e probabilmente grazie a un nuovo clima che non
risente più degli influssi nefasti dell’immediato dopoguerra,
l’inchiesta sul “caso” Grossi viene riaperta e affidata, dopo
che hanno combattuto eroicamente durante la seconda guerra mondiale
l’ammiraglio di divisione Nicola Murzi, il sommergibilista
contrammiraglio Luigi Longanesi Cattani e il sommergibilista capitano
di vascello Paolo Mario Pollina. I componenti della commissione
compiono un minuzioso lavoro di indagine per stabilire la verità
storica, giungendo a conclusioni ben diverse da quelle formulate
dalla precedente commissione incaricata nel 1949 di indagare sugli
affondamenti del Barbarigo.
La commissione, il 22 dicembre 1962, presenta la seguente relazione
dalla quale risulta che :”il Barbarigo
alle 23,07 del 18 maggio, nella zona di oceano intorno al punto di
latitudine 02°30’S e longitudine 34° 20’ W, ha fermato con un
siluro, cannoneggiato e lasciato in fiamme il piroscafo brasiliano
Comandante Lyra.
In
soccorso di detto piroscafo diresse a tutta velocità la “Task
Force 23”
americana che si trovava in crociera di vigilanza nella acque a NE di
Capo San Rocco. Detta forza navale
era
costituita dagli incrociatori Milwaukee
e Omaka e
dai cacciatorpediniere Moffet
e Mc Dougal. Eseguito
il siluramento e il cannoneggiamento, il Barbarigo
si allontanò dalla zona dirigendo verso Capo San Rocco poiché
apprezzò che l’affondamento del piroscafo fosse ineluttabile.
La
Commissione fissa così da questo momento, sulla carta nautica, le
posizioni delle due unità navali americane durante la navigazione
compiuta per raggiungere il porto brasiliano e contemporaneamente
quelle del Barbarigo.
Da un’accurata analisi degli elementi del moto del Barbarigo
e delle
due navi nemiche emerge “ in modo inequivocabile” – come recita
il rapporto della commissione – “ che essi seguivano rotte di
collisione e che l’incontro doveva avvenire verso le 23,00 locali
del 19 maggio.
“Infatti
alle 22,45 – come risulta dal rapporto redatto da Grossi al rientro
da quella missione – il Barbarigo
aveva un grosso cacciatorpediniere e manovra subito per attaccarlo in
superficie. Mentre accosta sulla dritta la vedetta di sinistra
avverte il comandante che una grossa sagoma si profila sulla
sinistra. Quindi il caccia e la grossa sagoma – prosegue il
rapporto della commissione – avvistati il Barbarigo
sono inequivocabilmente il Moffet
e il Milwaukee.
La
relazione continua: “ Il Barbarigo
decide
immediatamente di cambiare bersaglio e di portare l’attacco
sull’unità più importante, che il comandante identifica in una
nave da battaglia “facilmente riconoscibile per gli alberi a
castello”. Da quanto sopra emerge chiaramente che il comandante ha
errato nell’identificare la grossa sagoma di una nave da battaglia
USA; tale errore può essere stato determinato dai seguenti fattori.
- lunghezza del Milwaukee (182 metri) inferiore solo del 10% a quello delle corazzate tipo Maryland e California (204 metri).
- i quattro fumaioli del Milwaukee di cui i due estremi, profilandosi sulle vicine alberature, potevano essere scambiati, di notte per due tralicci a castello.
“Giova
a questo proposito precisare che le navi da battaglia tipo Maryland
e California avevano
due soli fumaioli non molto appariscenti, vicini fra loro e alte
alberature a castello”.
La
commissione, dopo aver fornito una ricostruzione dell’attacco
compiuto dal Barbarigo,
e rilevati gli errori di apprezzamento sulla rotta e sulla velocità
del bersaglio (velocità 15 nodi, anziché 25 e rotta 200°, invece
di 170°), sostiene:”effettuato il lancio, il Barbarigo
continua ad accostare sulla dritta sino ad assumere rotta
praticamente di controbordo alla formazione USA e portando la
velocità a 15 nodi. In tali condizioni cinematiche (velocità
relativa prossima a 40 nodi) e meteorologiche (notte illune, cielo
coperto da cumuli), il Milwaukee
è scomparso dalla cista del Barbarigo
molto rapidamente. Poiché le unità USA procedevano ad alta velocità
con mare forza 4 al mascone, esse dovevano beccheggiare incappellare
notevolmente; ciò spiega come il Barbarigo
abbia potuto rilevare la nave avversaria con l’acqua fino
all’altezza delle torri prodiere e da ciò dedurre che l’unità
fosse in fase di affondamento.
Il
rapporto della commissione termina affermando , tra l’altro: “Che
il Barbarigo
ha sicuramente avvistato e attaccato in superficie con decisione e
risolutezza una formazione navale composta dall’incrociatore
Milwaukee
e dal
cacciatorpediniere Moffet;
che i due
siluri lanciati dal Barbarigo
non hanno colpito il Milwaukee
per forte errore nei dati di lancio; che le unità americane non
hanno rilevato né la presenza del Barbarigo
né il lancio dei due siluri e che l’errore di identificazione
delle unità maggiore avvistata dal sommergibile rientra in quelli
che, specialmente di notte, si sono verificati in numerose occasioni.
In particolare giova notare che, di notte, la sagoma del Milwauke
poteva
essere scambiata anche con quella della navi tipo Maryland
e California.”
Per
quanto riguarda, invece, l’attacco del 6 ottobre 1942, effettuato
al largo di Freetown, la seconda commissione d’inchiesta concorda
con le conclusioni cui era giunta la prima commissione; e cioè che
nella notte fra il 5 e il 6 ottobre 1942 il Barbarigo
ha attaccato e lanciato quattro siluri contro la corvetta inglese
Petunia,
che al
momento dell’attacco navigava isolata dopo aver lasciato la scorta
di un convoglio.
La
commissione istituita nel 1962, dunque, per l’attacco del 20 maggio
1942 giunge a conclusioni che contrastano con quelle riportate nel
rapporto presentato dai quattordici ammiragli nel 1949. la
commissione precedente, infatti, esclude un qualunque attacco di
Grossi a qualsivoglia tipo di nave alleata. Il comandante Grossi,
però, non verrà a conoscenza di questi nuovi risultati
dell’inchiesta, che lo riabilitano solo parzialmente, perché
purtroppo un male inesorabile lo ha stroncato dopo anni di dolorosa
attesa.
Nel
1990, il Notiziario
della Marina,
organo ufficiale della Marina Militare, nel numero di giugno, quasi
esclusivamente dedicato al centenario dei sommergibili, descrivendo
l’attività operativa del
Barbarigo riporta
la motivazione della Medaglia d’Argento di cui il sommergibile è
stato insignito e che detiene tuttora: “Sommergibile, dislocato fin
dall’inizio della guerra in Atlantico, portava nella vastità degli
oceani il suo validissimo contributo alla battaglia sul mare per la
vittoria della Patria. In numerose dure azioni riusciva ad affondare
oltre 100.000 tonnellate di naviglio. In due distinte crociere, in
lontane zone oceaniche, dopo lunghe giornate di estenuante agguato,
avvistate di nottetempo formazioni di navi maggiori scortate, si
incuneava arditamente tra la scorta e il grosso e, con abile e audace
manovra silurava ed affondava due potenti navi da battaglia nemiche”.
Orbene,
secondo l’organo ufficiale della Marina Militare, Grossi, al
comando del Barbarigo,
ha affondato “due potenti navi da battaglia nemiche” e, per tali
affondamenti, il sommergibile ha ottenuto la Medaglia d’Argento,
che non gli è stata tolta nemmeno dopo il verdetto di ben due
commissioni di inchiesta che hanno stabilito i mancati affondamenti
delle due corazzate americane. E qui, a nostro parere, i conti non
tornano e forse, per vedere confermati i siluramenti, si dovrà
sperare in alquanto improbabili, future rivelazioni provenienti dagli
archivi segreti americani o dell’ammiraglio britannico……
Bibliografia: Dal Barbarigo a Dongo....Enzo Grossi
https://www.youtube.com/watch?v=aAnJBU4L9g4
Bibliografia: Dal Barbarigo a Dongo....Enzo Grossi
https://www.youtube.com/watch?v=aAnJBU4L9g4
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