martedì 2 dicembre 2014

...."Barbarigo"....la verità nascosta??








Il 20 maggio 1942, un bollettino straordinario del quartier generale delle Forze Armate italiane comunica:”il 20 maggio alle 2,50’ di Roma, al largo delle coste brasiliane, cento miglia a ponente dell’isola di Fernando de Noronha, il sommergibile Barbarigo. Al comando del capitano di corvetta Enzo Grossi. Passato inosservato fra le cacciatorpediniere di scorta, ha lanciato una salva di siluri contro una corazzata della classe Maryland, armata di 8 cannoni da 406 mm. La nave da battaglia colpita da due siluri, è affondata. La scorta non ha reagito”.
Ecco il suo rapporto di missione :”Giorno 20 maggio 1942. Ore 02,45 in latitudine 04° 19’ sud, longitudine 34° 32’ ovest, rotta 20° vengo chiamato in plancia dall' ufficiale in 2 che contemporaneamente mette barra a dritta, in moto il motore termico di sinistra ed appronta al lancio due tubi di prora e due di poppa. Trovandomi in camera di manovra, vado in plancia ed avvisto un grosso cacciatorpediniere che defila di prora, la vedetta di sinistra (sergente furiere Cammarata) mi avverte che una grossa sagoma si profila alla mia sinistra. Una rapida occhiata mi rende edotto della situazione: sono di fronte ad una nave da battaglia nord americana (facilmente riconoscibile per gli alberi a castello) scortata da cacciatorpediniere.




Decido di attaccarla di poppa poiché oltre al cacciatorpediniere già citato, un altro cacciatorpediniere mi si avvicina a proravia della corazzata. Do incarico ai guardiamarina Tendi e Del Santo di tener d’occhio il primo cacciatorpediniere mentre l’ufficiale in 2da sorveglia l’altro: le vedette mi assicurano la sorveglianza di tutti gli altri settori. Ad una accostata a sinistra del secondo cacciatorpediniere mi vengo a trovare dentro la scorta. Fermo il motore termico di dritta e, con quello di sinistra adagio, continuo l’accostata a dritta. L’ufficiale in seconda mi sollecita il lancio poiché il secondo cacciatorpediniere riaccosta a dritta e a 1000 metri, ha beta zero; non ci ha ancora visti grazie al mare forza tre alla bassa andatura del sommergibile. Prossimo al lancio, che non può fallire data la distanza (circa 650 mt.) del bersaglio, decido di portare al termine l’attacco anche con rischio di speronamento. Il bersaglio impone che si debba arrischiare tutto.
Ore 02,50. Ordino il “fuori” ai siluri 5 e 6; il numero 5 regolato a 4 mt. di profondità e 8000 di corsa è munito di cappuccio, il numero 6 a 2 mt., corsa 2000 metri, è un A 115. Appena lanciato, motore termico avanti adagio, continuo ad accostare sulla dritta sino al rombo 10° corrispondente all’unico settore in cui ho qualche probabilità di disimpegno in superficie. Scarto il disimpegno in immersione poiché la sottobatteria di prora è del tutto inefficiente e quella di poppa può darmi solo 4000 ampères.
Tutte le armi da fuoco sono pronte all’uso per un’estrema resistenza. Dopo 35 secondi due contemporanee esplosioni mi confermano di aver colpito il bersaglio con entrambi i siluri lanciati. Mentre del siluro 5 si sente solo lo scoppio, del 6 l’ufficiale in seconda, passato alla sorveglianza di poppa, vede la fiammata sott’acqua. Vengo avvertito da guardiamarina Tendi, che ha nel campo del binocolo la corazzata, che questa affonda; io pure avevo già avuto netta la sensazione dell’affondamento. Vedo i cacciatorpediniere accorrere veloci verso la nave colpita. Da circa 800 metri di distanza vedo il colosso con prora completamente immersa fino alla plancia, fortemente appruato e sbandato sulla dritta.
02,57. Approdo tubi 7 e 8 da lanciare contro eventuale cacciatorpediniere inseguitore; la scorta con mia somma meraviglia, non reagisce. Gradatamente aumento l’andatura fino a giri 380.
La corazzata, che ho potuto facilmente riconoscere del tipo Maryland-California, naviga con rotta 200°, velocità nodi 15”.
A supporto dell’avvenuto attacco di Grossi alla corazzata giocano anche due testimonianze; la prima è il tenente di vascello Tei, comandante del sommergibile Bagnolini che, giunto in zona la sera del 20 maggio, riferisce di aver trovato unità nemiche che gli hanno dato la caccia, il che conferma la presenza in quel tratto di mare di navi Alleate. La seconda testimonianza è resa da tenente di vascello Gianfranco Gazzana Priaroggia, il quale, giunto in zona all’alba del 23 maggio con il sommergibile Leonardo da Vinci, silura un incrociatore di 9.100 tonn. Intento alla ricerca e al recupero di naufraghi, sego tangibile e ulteriore prova che in zona si è verificato il siluramento di una nave.
L’episodio dell’affondamento della corazzata americana è di tale portata, che il comandante Grossi ottiene in breve tempo riconoscimenti, promozioni e ricompense. Il re Vittorio Emanuele III, motu prprio, promuove Grossi da capitano di corvetta a capitano di fregata, Adolf Hitler gli conferisce due croci di ferro. Una di prima e una di seconda classe e il capitano di vascello Polacchini, comandante della base atlantica di Betasom, lo propone per la medaglia d’oro, che in seguito gli verrà concessa. E il Duce esprime il vivo desiderio di conoscerlo per congratularsi personalmente.



Neppure 5 mesi dopo, e precisamente il 6 ottobre, un altro bollettino straordinario del quartier generale delle Forza armate comunica:” Questa notte alle 2,45 ora italiana, in latitudine 2°15’ nord e longitudine 14°15’ ovest, al largo di Freetown, il sommergibile Barbarigo, al comando del capitano di fregata Enzo Grossi, ha attaccato una corazzata americana classe Mississipi, che navigava rotta 150° alla velocità di 13 nodi. La corazzata, colpita da quatto siluri, è stata vista affondare.
E questo è il rapporto di missione, che riproduciamo integralmente, stilato dal comandante Enzo Grossi dopo l’attacco alla corazzata classe Mississipi: “02,20. l’ufficiale di guardia, sottotenente di vascello Sergio Bresina, mette subito le macchine avanti adagio e nello stesso tempo mi chiama in plancia. Giunto in plancia riconosco la sagoma di una grossa unità di guerra. Metto, girandomi su me stesso, con la sola macchina esterna in moto avanti adagio, la poppa addosso perché il suo beta molto stretto (5° dritta) non mi dà la possibilità per l’attacco di prua. Appronto i quattro tubi di poppa e cerco di studiarne nel frattempo le caratteristiche e gli elementi cinematici necessari al lancio.
02,25. L’unità ha accostato mostrandomi un beta di 70° sulla dritta. Adesso che si profila di traverso vedo il gran complesso centrale della plancia con un solo fumaiolo a poppavia di quella, la prua da veliero e tutte le altre caratteristiche corrispondenti alle navi da battaglia tipo Mississipi.
02,28. Senza porre tempo in mezzo e per non allontanarmi di più riaccosto subito per lanciare di prora senza preoccuparmi di eventuale scorta. Ho già fatto approntare tutti i tubi di prora a 6 metri. Valuto la velocità del nemico intorno a 13 nodi con beta di circa 70° a dritta.
02,32. Ormai giunto a distanza di circa 2.000 metri, per non essere scoperto data la eccezionale fosforescenza, metto pari avanti minimo e lancio i quattro siluri a una distanza di due secondi uno dall’altro.
02,33. Accosto verso la poppa del bersaglio per lanciare eventualmente di poppa e nello stesso tempo essere in grado di disimpegnarmi in superficie.
02,33 e mezzo. Dopo un minuto e mezzo circa vengono da tutti udite quattro grandi esplosioni intervallate dello stesso lasso di tempo del lancio.
02,35. A una distanza di circa 2.000 metri avvisto a poppavia della nave da battaglia una sagoma sottile: la riconosco per un cacciatorpediniere con un beta molto stretto sulla dritta. Scarto senz’altro la possibilità di un disimpegno in immersione, sia per le perdite interne causate dalle forti esplosioni delle bombe lanciatemi durante i due attacchi aerei del primo ottobre, sia per allontanarmi il più possibile da una zona, vicina alle coste, dove sicuramente si riverserà una intensa caccia. Continuo perciò l’accostata per mettermi di poppa il cacciatorpediniere e mantengo sempre al minimo l’andatura delle macchine per non farmi tradire dalla grande fosforescenza della mia scia.
02,38. La nave da battaglia è scomparsa del tutto sott' acqua. Il cacciatorpediniere, forse credendomi in immersione, lancia bombe di profondità e nel frattempo accosta sul luogo dell’avvenuto affondamento. Riaccosto per 90°.
02,43. Avvisto un altro cacciatorpediniere con beta di circa 10° sulla sinistra. Per non essere scoperto, riaccosto e, con prora 250°, mi allontano.
06,00. Comunico subito a codesto Comando Superiore il risultato ottenuto, più che altro per prevenire la caccia che sicuramente si riserverà in quella zona e nelle sue adiacenze. Decido di allontanarmi sempre per ponente in attesa di ordini”.
Rientrato il Barbarigo, alla base di Bordeaux, per Grossi ricominciano i festeggiamenti e il comandante del glorioso sommergibile si guadagna così la promozione a capitano di vascello. Viene di nuovo convocato a Roma e ricevuto con tutti gli onori da Mussolini a Palazzo Venezia. E l’ammiraglio tedesco Doniz in persona lo decorrerà con le insegne di Cavaliere della Croce di Ferro.
Ma nel giro di pochi mesi, però la situazione precipita: prima il 25 luglio, poi l’( settembre scavano un profondo solco nelle Forze Armate italiane. Mentre la flotta italiana, secondo le clausole previste dall’armistizio, si consegna agli Alleati a Malta, il comandante Grossi e un consistente gruppo di ufficiali e marinai riprendono il loro posto di combattimento sotto le insegne della Repubblica Sociale Italiana. Poi dopo il tragico epilogo dell’aprile 1945, l’inizio, anche per Enzo Grossi, delle persecuzioni subite dai vinti.
Nel 1953, l’allora ministro della Difesa Pacciardi risponde con le seguenti parole all’interrogazione di un senatore sul “caso” Grossi. “Le due azioni relative ai pretesi affondamenti delle corazzate Maryland e Mississipi sollevarono molti dubbi negli stessi superiori comandi della Marina Italiana”, e contemporaneamente affida l’inchiesta sul Barbarigo ad un’apposita commissione composta da quattordici ammiragli, molti dei quali erano già stati accusati di connivenza col nemico da Antonino Trizzino nel suo libro Navi e Poltrone.
I componenti della commissione non lasciano nulla di intentato per dimostrare che Grossi non ha mai affondato – e neanche attaccato – le due corazzate nemiche e inviano all’ US Navy Department e all’ Ammiragliato britannico una dettagliata richiesta di informazioni relative agli affondamenti denunciati dal comandante Grossi. L’U.S. Department risponde prontamente:”Nessuna unità navale o mercantile alleata o unità navale degli Stati Uniti è stata attaccata, colpita o affondata nei giorni e posizioni citati. Una cisterna mercantile non identificata e una nave mercantile non identificata si trovavano rispettivamente il 20 maggio e il 6 di ottobre 1942 nelle zone citate, ma nessuna di queste fu attaccata. Non vi furono convogli nelle posizioni e nei giorni citati”.
Dal canto suo l’ammiraglio britannico rende noto che:” Non vi è alcun dato ufficiale di attacco a qualsiasi nave di Sua Maestà britannica nell’ Atlantico

meridionale il maggio 1942, di perdita o danneggiamento o qualsiasi nave da guerra britannica o alleata, su tutti i teatri di guerra in detta data. Tutte le navi mercantili britanniche o alleate, che sono state affondate o danneggiate il 20 maggio 1942, furono attaccate in altre zone. Il 6 ottobre 1942 la corvetta Petunia ha riferito alle 2,27’ GMT (Tempo Medio di Greenwich) un attacco senza successo durante un contatto con un sommergibile in latitudine 2°21’ nord, longitudine 14°30’ ovest”.








Le dichiarazioni fornite dall’Ammiraglio britannico e dall’ U.S. Navy Department, apparentemente, non lasciano adito a dubbi, ma occorre tener presente, però, un piccolo ma significativo e importante particolare. Nelle relazioni inviate alla commissione d’inchiesta della marina italiana dai due organismi Alleati si citano, infatti, giorni e ore, fingendo che il calendario italiano sia valido in tutto il globo. Non tenendo conto del fatto che mentre in Italia batte il mezzogiorno, a Londra sono le undici e a Chicago le cinque del mattino. Anzi, in quel tempo, per l’ora estiva, in Italia gli orologi segnavano un’ora in più: quindi, quando a Fernando de Noronha – isola brasiliana al largo della quale avvenne l’attacco di Grossi alla corazzata – erano le 21,50’ del 19 maggio 1942, a Roma gli orologi segnavano le 2,50’ del 20 maggio; e quando il Freetown (Sierra Leone) – al largo di tale località avvenne il successivo e contestato attacco del Barbarigo a una corazzata americana – erano le 23,54’ del 5 ottobre 1942, a Roma erano le 2,54’ del 6 ottobre. La commissione italiana avrebbe dovuto, quindi, chiedere informazioni relative, rispettivamente, al 19 maggio e al 5 ottobre 1942, poiché se gli orologi delle due navi da guerra americane non erano stati regolati sull’ora locale, continuavano a segnare l’ora di Washington, e cioè le 19,50 del 19 maggio, e le 19,34 del 5 ottobre. Equivoco sulle date, dunque, o voluta malafede???
La commissione speciale d’inchiesta istituita dalla Marina Militare italiana nel 1949 per far luce sulle azioni del Barbarigo, sulla base della documentazione pervenuta dalla Marina USA e dall’Ammiraglio britannico, esclude categoricamente che il comandante Grossi avesse anche solo attaccato nell’azione del 20 maggio 1942 navi da guerra di qualsiasi tipo appartenenti alle marine statunitense, inglese o di altre nazioni alleate. E Grossi, già radiato da ranghi della Marina per aver aderito alla RSI, viene privato anche delle medaglie ricevute per gli affondamenti delle due corazzate.
Nell’autunno 1962, però, nuovi documenti pervenuti alla Marina Militare italiana dagli Stati Uniti, e probabilmente grazie a un nuovo clima che non risente più degli influssi nefasti dell’immediato dopoguerra, l’inchiesta sul “caso” Grossi viene riaperta e affidata, dopo che hanno combattuto eroicamente durante la seconda guerra mondiale l’ammiraglio di divisione Nicola Murzi, il sommergibilista contrammiraglio Luigi Longanesi Cattani e il sommergibilista capitano di vascello Paolo Mario Pollina. I componenti della commissione compiono un minuzioso lavoro di indagine per stabilire la verità storica, giungendo a conclusioni ben diverse da quelle formulate dalla precedente commissione incaricata nel 1949 di indagare sugli affondamenti del Barbarigo. La commissione, il 22 dicembre 1962, presenta la seguente relazione dalla quale risulta che :”il Barbarigo alle 23,07 del 18 maggio, nella zona di oceano intorno al punto di latitudine 02°30’S e longitudine 34° 20’ W, ha fermato con un siluro, cannoneggiato e lasciato in fiamme il piroscafo brasiliano Comandante Lyra.
In soccorso di detto piroscafo diresse a tutta velocità la “Task Force 23” americana che si trovava in crociera di vigilanza nella acque a NE di Capo San Rocco. Detta forza navale era costituita dagli incrociatori Milwaukee e Omaka e dai cacciatorpediniere Moffet e Mc Dougal. Eseguito il siluramento e il cannoneggiamento, il Barbarigo si allontanò dalla zona dirigendo verso Capo San Rocco poiché apprezzò che l’affondamento del piroscafo fosse ineluttabile.
La Commissione fissa così da questo momento, sulla carta nautica, le posizioni delle due unità navali americane durante la navigazione compiuta per raggiungere il porto brasiliano e contemporaneamente quelle del Barbarigo. Da un’accurata analisi degli elementi del moto del Barbarigo e delle due navi nemiche emerge “ in modo inequivocabile” – come recita il rapporto della commissione – “ che essi seguivano rotte di collisione e che l’incontro doveva avvenire verso le 23,00 locali del 19 maggio.
Infatti alle 22,45 – come risulta dal rapporto redatto da Grossi al rientro da quella missione – il Barbarigo aveva un grosso cacciatorpediniere e manovra subito per attaccarlo in superficie. Mentre accosta sulla dritta la vedetta di sinistra avverte il comandante che una grossa sagoma si profila sulla sinistra. Quindi il caccia e la grossa sagoma – prosegue il rapporto della commissione – avvistati il Barbarigo sono inequivocabilmente il Moffet e il Milwaukee.
La relazione continua: “ Il Barbarigo decide immediatamente di cambiare bersaglio e di portare l’attacco sull’unità più importante, che il comandante identifica in una nave da battaglia “facilmente riconoscibile per gli alberi a castello”. Da quanto sopra emerge chiaramente che il comandante ha errato nell’identificare la grossa sagoma di una nave da battaglia USA; tale errore può essere stato determinato dai seguenti fattori.

  1. lunghezza del Milwaukee (182 metri) inferiore solo del 10% a quello delle corazzate tipo Maryland e California (204 metri).
  2. i quattro fumaioli del Milwaukee di cui i due estremi, profilandosi sulle vicine alberature, potevano essere scambiati, di notte per due tralicci a castello.

Giova a questo proposito precisare che le navi da battaglia tipo Maryland e California avevano due soli fumaioli non molto appariscenti, vicini fra loro e alte alberature a castello”.
La commissione, dopo aver fornito una ricostruzione dell’attacco compiuto dal Barbarigo, e rilevati gli errori di apprezzamento sulla rotta e sulla velocità del bersaglio (velocità 15 nodi, anziché 25 e rotta 200°, invece di 170°), sostiene:”effettuato il lancio, il Barbarigo continua ad accostare sulla dritta sino ad assumere rotta praticamente di controbordo alla formazione USA e portando la velocità a 15 nodi. In tali condizioni cinematiche (velocità relativa prossima a 40 nodi) e meteorologiche (notte illune, cielo coperto da cumuli), il Milwaukee è scomparso dalla cista del Barbarigo molto rapidamente. Poiché le unità USA procedevano ad alta velocità con mare forza 4 al mascone, esse dovevano beccheggiare incappellare notevolmente; ciò spiega come il Barbarigo abbia potuto rilevare la nave avversaria con l’acqua fino all’altezza delle torri prodiere e da ciò dedurre che l’unità fosse in fase di affondamento.
Il rapporto della commissione termina affermando , tra l’altro: “Che il Barbarigo ha sicuramente avvistato e attaccato in superficie con decisione e risolutezza una formazione navale composta dall’incrociatore Milwaukee e dal cacciatorpediniere Moffet; che i due siluri lanciati dal Barbarigo non hanno colpito il Milwaukee per forte errore nei dati di lancio; che le unità americane non hanno rilevato né la presenza del Barbarigo né il lancio dei due siluri e che l’errore di identificazione delle unità maggiore avvistata dal sommergibile rientra in quelli che, specialmente di notte, si sono verificati in numerose occasioni. In particolare giova notare che, di notte, la sagoma del Milwauke poteva essere scambiata anche con quella della navi tipo Maryland e California.”
Per quanto riguarda, invece, l’attacco del 6 ottobre 1942, effettuato al largo di Freetown, la seconda commissione d’inchiesta concorda con le conclusioni cui era giunta la prima commissione; e cioè che nella notte fra il 5 e il 6 ottobre 1942 il Barbarigo ha attaccato e lanciato quattro siluri contro la corvetta inglese Petunia, che al momento dell’attacco navigava isolata dopo aver lasciato la scorta di un convoglio.
La commissione istituita nel 1962, dunque, per l’attacco del 20 maggio 1942 giunge a conclusioni che contrastano con quelle riportate nel rapporto presentato dai quattordici ammiragli nel 1949. la commissione precedente, infatti, esclude un qualunque attacco di Grossi a qualsivoglia tipo di nave alleata. Il comandante Grossi, però, non verrà a conoscenza di questi nuovi risultati dell’inchiesta, che lo riabilitano solo parzialmente, perché purtroppo un male inesorabile lo ha stroncato dopo anni di dolorosa attesa.





Nel 1990, il Notiziario della Marina, organo ufficiale della Marina Militare, nel numero di giugno, quasi esclusivamente dedicato al centenario dei sommergibili, descrivendo l’attività operativa del Barbarigo riporta la motivazione della Medaglia d’Argento di cui il sommergibile è stato insignito e che detiene tuttora: “Sommergibile, dislocato fin dall’inizio della guerra in Atlantico, portava nella vastità degli oceani il suo validissimo contributo alla battaglia sul mare per la vittoria della Patria. In numerose dure azioni riusciva ad affondare oltre 100.000 tonnellate di naviglio. In due distinte crociere, in lontane zone oceaniche, dopo lunghe giornate di estenuante agguato, avvistate di nottetempo formazioni di navi maggiori scortate, si incuneava arditamente tra la scorta e il grosso e, con abile e audace manovra silurava ed affondava due potenti navi da battaglia nemiche”.
Orbene, secondo l’organo ufficiale della Marina Militare, Grossi, al comando del Barbarigo, ha affondato “due potenti navi da battaglia nemiche” e, per tali affondamenti, il sommergibile ha ottenuto la Medaglia d’Argento, che non gli è stata tolta nemmeno dopo il verdetto di ben due commissioni di inchiesta che hanno stabilito i mancati affondamenti delle due corazzate americane. E qui, a nostro parere, i conti non tornano e forse, per vedere confermati i siluramenti, si dovrà sperare in alquanto improbabili, future rivelazioni provenienti dagli archivi segreti americani o dell’ammiraglio britannico……

Bibliografia: Dal Barbarigo a Dongo....Enzo Grossi

https://www.youtube.com/watch?v=aAnJBU4L9g4


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